Nel 2010 uscì nelle sale il film di David Fincher intitolato “The Social Network“, adattamento cinematografico del libro di Ben Mezrich, incentrato sulla nascita di quello che oggi è il più popolare tra tutti i Social esistenti: Facebook, nato appena pochi anni prima, con l’intento di costituire una rete sociale virtuale a cui potessero accedere gli studenti dell’Università di Harvard.

Il film ebbe un notevole successo di critica e pubblico e, di fatto, contribuì ad associare alla locuzione inglese “Social Network” tutte le piattaforme on line capaci di offrire un servizio informatico gratuito ad un vasto pubblico, desideroso di condividere testi, immagini e video e di interagire con altri soggetti presenti all’interno della stessa piattaforma.

 

La realtà è che le “Reti sociali” sono costituite da quell’insieme di relazioni, di scambi, di interazioni tra soggetti, che definiscono l’essenza stessa della società, e questo da sempre, molto prima di Internet,  prima dei calcolatori elettronici, prima ancora dell’invenzione della stampa.

Sarebbe quindi più appropriato definire Facebook, Twitter, Pinterest, Linkedin e tutti gli altri servizi similari come “Social Media”, ovvero tecnologie e servizi che permettono di creare, scambiare e condividere su Internet contenuti multimediali.  

 

pila di libriLa distinzione, che può sembrare cavillosa, è invece interessante nella misura in cui ci permette di notare le similitudini e le differenze tra queste piattaforme di nuova generazione e i media tradizionali.

Ecco quindi che, al di là delle indubbie suggestioni libertarie, in cui ognuno può finalmente esprimere il suo pensiero e renderlo visibile al mondo – ammesso e non concesso che ciò che viene scritto possa sempre attribuirsi al risultato di una attività mentale – i Social Media, ci appaiono come nuovi editori di contenuti, che offrono alle aziende un vasto e ben segmentato pubblico a cui rivolgere contenuti pubblicitari; che subiscono i capricci della Borsa, nel momento in cui non riescono ad attrarre più di 300 milioni di utenti; che producono contenuti di livello professionale rendendoli disponibili su abbonamento e che devono identificare nuove regole per assicurare che i contenuti siano realmente rispettosi della libertà di parola di tutti.

 

I vantaggi, rispetto agli editori tradizionali, sono però notevoli: in primo luogo i contenuti sono per la maggior parte creati dagli utenti, che si trasformano in autori, offrendo ai nuovi media una redazione planetaria gratuita e senza la noia di riunioni fiume per definire il piano editoriale; in secondo luogo la tecnologia permette di caricare e modificare i contenuti in tempo reale, dando così agli autori – siano essi persone o aziende – una estrema flessibilità e una reattività talvolta al limite del parossismo; infine i Social Media sono il regno dell’interazione ed è così possibile verificare in ogni momento quali contenuti sono maggiormente apprezzati, letti, condivisi, fornendo ai media, importanti informazioni sulle tendenze socio-culturali di un pubblico globale.

 

Non è questo un giudizio negativo, ma una constatazione che, talvolta, tendiamo a dimenticare.

E’ indubbio che oggi i Social Media, a poco più di un decennio dalla loro comparsa, siano parti integranti della nostra cultura, siano i veicoli in cui si sviluppano nuove dinamiche sociali, siano un potentissimo mezzo di diffusione dell’informazione e della costruzione della pubblica opinione.

Così come la televisione negli anni ’50, oggi sono il nuovo bellissimo strumento a disposizione delle Aziende e delle Organizzazioni politiche e sociali per diffondere i propri messaggi, per intrattenere, convincere, persuadere.

 

Sono “media tecnologici” e quindi oggetto dell’acuta analisi che Marshall McLuhan fece più di 50 anni fa.Understanding Media McLuhann

Nel quarto capitolo del libro “Understanding Media. The extension of man”, l’autore cita il mito di Narciso, colui che non si riconosce nella sua immagine riflessa e per questo se ne innamora credendola reale, così noi tendiamo a restare sedotti da ogni nuova tecnologia, non riconoscendola come un’estensione di noi stessi e attribuendo ad essa, in un narcisistico torpore, una valenza superiore.

 

E’ quindi importante avere gli strumenti per conoscere i Social Media, per poterli osservare con distacco e riconoscerne in maniera oggettiva i pregi ed i limiti. Come per tutti gli strumenti è necessario educare noi stessi ad un uso consapevole, in primo luogo, riconoscendoli per quello che sono: mezzi di comunicazione e non tessuti sociali.