C’erano una volta gli emoticon, i rudimentali simboli fatti di punti, virgole e parentesi che accompagnavano i messaggi di testo di sms e mail.
La loro nascita è ben più lontana di quanto si possa pensare e il loro primo utilizzo risale addirittura al 1982 quando un informatico statunitense, Scott Fahlman, propose di contraddistinguere con il simbolo ‘:-)’ i messaggi dal carattere più scherzoso rispetto a quelli “seri”.
In 30 anni, di strada se ne è fatta, ma la forza comunicativa di questi simboli non si è affatto sopita; tutt’altro, gli emoticon si sono evoluti, moltiplicati, affinati e sono diventati graficamente più accattivanti. Il merito di aver reso le nostre conversazioni virtuali più allegre, informali e colorate va Shigetaka Kurita un ingegnere del paese del Sole Levante che, nel dare la paternità agli emoji (la versione evoluta degli emoticon), si è ispirato alla tradizione fumettistica legata alle sue origini, ovvero ai manga giapponesi.
[blockquote quote_type=”type2″ author_name=”” width=”100%” float=”left”]Oggi comunicare via Whatsapp o sui social network senza queste simpatiche icone suona un po’ strano ed impegnativo, quasi troppo serioso. Accompagnare con una faccina sorridente un messaggio, anche indirizzato ad un destinatario con cui non abbiamo la massima confidenza, diventa segno di affabilità, apertura e disponibilità. [/blockquote]
I puristi della lingua saranno sicuramente contrari al dilagare delle ormai onnipresenti icone, ma gli studiosi non lo sono affatto e dimostrano che il loro utilizzo rende la nostra comunicazione più amichevole e accattivante.
Owen Churches, ricercatore di psicologia alla Flinders University di Adelaide, ha messo in luce che l’importanza degli emoticon risiede nel fatto che la mente umana reagisce alla vista delle icone dei visi stilizzati, come se si trovasse di fronte un volto reale, la comunicazione scritta diventa in questo modo emotivamente più coinvolgente.
Un’altra ricerca condotta Simo Tchokni alla University of Cambridge Computer Laboratory ha rivelato che i profili più influenti sui social media hanno in comune l’abituale utilizzo delle emoticon.
Nessun dubbio, quindi, sull’efficacia delle icone nella digital communication, ma l’utilizzo degli emoticon potrebbe diventare prassi comune anche in altri ambiti.
Una recente ricerca condotta su un campione di 995 soggetti da Milìca Vasilijevic e pubblicata su Appetite ha dimostrato che l’uso delle faccine sulle etichette alimentari veicola il messaggio di validità o disvalore in termini nutrizionali del prodotto in maniera più chiara ed efficace rispetto alle tradizionali tabelle nutrizionali. Una ulteriore conferma che la comunicazione visiva ha un impatto più alto ed immediato rispetto a quella scritta.
Lo sa bene Naresh Ramchandani designer di fama mondiale che insieme alla sua equipe (Pentagram) ha ideato i cartelli di protesta che hanno sfilato, il 7 Marzo scorso, alla People’s Climate March di Londra. Niente slogan o testi, solo emoji in difesa dell’ambiente.
Una vera rivoluzione culturale nel modo di comunicare? Forse sì, ma forse, o più semplicemente, un ritorno alle origini, viste le abilità comunicative dei nostri antenati. Proprio loro, attraverso le pitture rupestri, hanno saputo far pervenire fino ai giorni nostri massaggi di grande efficacia grazie alla semplice, ma straordinaria, forza delle immagini.